Il cambiamento delle istituzioni politiche è intimamente legato al cambiamento di mentalità degli attori economici e di chi li circonda.
Sembra una affermazione banale, ed invece è il limite davanti al quale si sono trovati davanti tutti i governi, dalla nascita dell’Unione Europea ad oggi.
Tanto che si è costruita nell’opinione pubblica l’impressione che alcuni soggetti, nel nostro caso imprenditori, amministratori e banchieri, data la rendita di posizione raggiunta, abbiano maturato un grado di rispettabilità assoluto, e quindi non possano essere toccati o nominati. È come se fosse unanimemente accettato che le regole di buona e cattiva amministrazione, i principi di solvibilità o di garanzia valgano meno del loro lignaggio.
Ad autorizzare questo pensiero sono stati purtroppo l’azzeramento di migliaia di obbligazionisti subordinati ed azionisti di 4 banche, targato Matteo Renzi, seguito dal salvataggio degli istituti di credito Banca Popolare di Vicenza e Veneto Banca, questi ultimi già sotto la guida dell’esecutivo Gentiloni.
La tecnica avallata dall’Europa, sempre la stessa, si chiama bail – in. Sei istituti di credito sono stati assorbiti da Ubi Banca e Banca Intesa alla modica cifra di 1 euro cadauno, mentre i piccoli risparmiatori finivano sul lastrico. Qualcuno non ha retto lo choc e si è suicidato.
Per questo oggi risulta difficile anche solo immaginare l’esistenza di soluzioni diverse da quelle praticate da imbonitori che, nonostante il disastro, ancora siedono in parlamento.
Hanno fatto credere che non c’erano altre alternative. Dovremmo ora considerare colpa dei piccoli risparmiatori se, per scelte manageriali di cui al momento non si comprende la lungimiranza, dal 2013 al gennaio 2018 le azioni di banca Carige sono crollate in borsa passando da un valore di 11 euro nel 2013 a 0,0080 euro ad inizio 2018?
È chiaro che a chi concepisce il mercato come un luogo dove smembrare, inglobare, ricevere in assegnazione consulenze onerosissime, dà fastidio sapere che c’è chi mette un freno a questo tipo di affari prestando “garanzie”. Di fatto ad oggi lo stato non ha tirato fuori nemmeno un euro. Se non basteranno il governo Conte rileverà quote della banca, nazionalizzandola.
Gli speculatori dunque sono avvertiti. Ma il governo vuole fare di più risalendo, nel caso specifico, ad eventuali responsabilità per crediti concessi a soggetti che non ne avevano le caratteristiche per riceverli.
Vorremmo anche capire quali meccanismi in dotazione agli organismi di controllo, Banca d’Italia compresa, non abbiano funzionato in questi anni. Per questo, proprio in commissione Finanze, stiamo mettendo in piedi una commissione d’inchiesta.
Parimenti l’Europa non può tirarsi indietro. Come ha ricordato oggi il ministro per gli Affari Europei Paolo Savona si stenta ad intavolare una discussione politica sullo schema europeo di assicurazione dei depositi, anche a causa dell’insistenza di alcuni paesi ad includere la questione delle esposizioni bancarie ai titoli sovrani ed a escludere i crediti in sofferenza tra i punti da considerare. Basta fare affari con le banche in difficoltà!