L’EUROPA FRENA SUGLI AIUTI MA IGNORA I PARADISI FISCALI, COSI’ PROPRIO NON VA E PERDERE LA LEVA FISCALE E’ UN RISCHIO

Stiamo vivendo mesi di trattative estenuanti con l’Unione europea per ottenere quel minimo di risorse necessarie a far ripartire la nostra economia messa a durissima prova dall’emergenza coronavirus. Non passa giorno che non spuntino ipotesi di compromessi al ribasso e in cui i cosiddetti Stati frugali non tornino a puntare il dito contro l’Italia.

  • Mentre l’Ue fa così fatica a cambiare e continua a ignorare tanti segnali che rischiano di portare a disgregare l’integrazione europea, ecco però che emerge come proprio all’interno dell’Unione esistano dei regimi di tassazione che rappresentano dei veri e propri “paradisi fiscali” e che tali asimmetrie generano una competizione incompatibile con i presupposti stessi dell’unione economica.

Siamo a un paradosso: gli aiuti alle imprese in difficoltà sono soggetti a un rigoroso regime autorizzativo da parte della Commissione Europea e allo stesso tempo continuano ad esistere “buchi neri fiscali” incontrastati.

Una competizione che sottrae risorse alle finanze pubbliche di Paesi come l’Italia, da cui si pretende però rigore finanziario.

Tutto questo lo ha spiegato bene oggi, audito in Commissione finanze, il professor Maurizio Leo, esaminando il progetto per nuove politiche fiscali messo a punto dall’esecutivo europeo.

La stessa relazione inviata al Parlamento europeo dalla commissione speciale per i reati finanziari, relativa all’evasione fiscale e all’elusione fiscale, sottolinea che alcuni Paesi “mostrano tratti di paradisi fiscali e facilitano una gestione fiscale aggressiva”.

E con alcuni Paesi si intende in particolare Belgio, Cipro, Irlanda, Lussemburgo, Malta, Olanda e Ungheria. Dunque anche chi ci sta facendo di più la guerra per non concederci risorse o concederle a condizioni capestro.

Senza contare che, solo per fare un esempio, nel 2017, secondo uno studio pubblicato dal Fondo Monetario Internazionale, proprio l’Olanda ha attratto investimenti esteri per oltre 5.000 miliardi di dollari, di cui 3.300 miliardi considerati “investimenti fantasma”, che transitano in società “di comodo” o in filiali istituite con il solo fine rimuovere imponibili da Paesi a più alta fiscalità.

C’è molto da cambiare nell’Ue e da cambiare in profondità.

E occorre fare anche attenzione alle nuove regole proposte sulle politiche fiscali. Perseguire l’integrazione fiscale attraverso il superamento del principio di unanimità per le riforme, come proposto dalla Commissione, si risolverebbe infatti in una “cessione” di sovranità in materia fiscale da parte degli Stati membri e l’Italia non credo possa permettersi di perdere anche la leva fiscale.

 

(in foto il Prof. Maurizio Leo – in collegamento durante l’audizione presso la Commissione Finanze della Camera)

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