Ho un grande rispetto di Roberto Saviano e ritengo estremamente importante il lavoro che ha svolto contro la criminalità organizzata. Vivo in un territorio, quello del sud della provincia di Latina, in cui da decenni si sente il peso opprimente del clan dei Casalesi. Le denunce di Saviano hanno portato ad accendere un faro sulla camorra casertana e per quelle denunce è costretto a una vita difficile, di rinunce, sotto scorta. Allo stesso tempo però non è accettabile indicare i commercialisti come braccio armato dei clan, pronti a indicare ai mafiosi gli imprenditori in difficoltà da strozzare con l’usura. Non è accettabile da parte di nessuno e dunque neppure da parte di Saviano, come invece ha fatto durante la trasmissione “Che tempo che fa” di Fabio Fazio. Prima di essere un parlamentare e il presidente della Commissione finanze alla Camera sono stato e sono un commercialista. La mia non è una difesa d’ufficio della categoria e neppure la reazione di quella che qualcuno definisce casta. Rivendico soltanto con orgoglio l’appartenenza a un ordine di professionisti che quotidianamente fa fronte a mille difficoltà cercando di sostenere i cittadini e lo sta facendo maggiormente in un periodo così buio come quello in cui ci ha proiettato l’emergenza coronavirus. Le mele marce vanno eliminate, sono il primo ad auspicare controlli sempre più stringenti e punizioni esemplari per chi sbaglia, ma le migliaia di commercialisti che operano in Italia sono una risorsa sana per il Paese, su cui non si possono far cadere immeritati sospetti. Invito dunque Saviano a proseguire nella battaglia per la legalità, che è anche la mia battaglia e quella di tutti gli italiani onesti, denunciando all’opinione pubblica chi stringe patti occulti con il crimine, ma preservando allo stesso tempo il prezioso lavoro di tutti gli altri.